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La presentazione a San Severino
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“Noi non abbiamo colpa”: il libro di Marta Zura Puntaroni scala le classifiche

Si apre con un ritorno il nuovo romanzo di Marta Zura Puntaroni, edito da minimum fax: il ritorno della protagonista – omonima dell’autrice – lì dove è nata, in un angolo terremotato delle Marche che esce dalla prima pagina come un luogo isolato e suggestivo, abitato dalle zanzare e dagli animali selvatici. Nell’estate afosa i “pochi giorni di gioia” arrivano con la fioritura dei girasoli, che illuminano il paesaggio in cui “nulla di bello è fatto per durare”. Inizia così la bellissima recensione che Donatella Di Pietrantonio ha fatto per il quotidiano “La Stampa” dedicando al romanzo “Noi non abbiamo colpa” un’intera pagina della rubrica “Tuttolibri”. L’opera – la seconda della scrittrice settempedana – sta riscuotendo già un ottimo successo, sia in libreria, sia nei giudizi della critica. Inoltre è balzata subito nella “top20” delle novità vendute tramite Amazon ed è già alla seconda ristampa.

E siamo solo all’inizio, visto che il libro, dopo essere stato presentato in anteprima nazionale a Palazzo Servanzi nell’ambito degli “Incontri con l’autore” organizzati da Francesco Rapaccioni, ha avuto finora solo “vetrine” locali (Matelica e Porto San Giorgio). Stasera, lunedì 7 settembre, è ripartita da Siena una serie di incontri che vedrà presente Marta Zura Puntaroni anche in altre regioni come Lombardia, Veneto e Sicilia. “Sono contenta dell’impatto con il pubblico – dice l’autrice – anche se non è facile, in questo periodo di Covid, organizzare presentazioni e incontri. Quello di San Severino è andato bene, ringrazio tutti coloro che hanno partecipato”. In città, del resto, c’era molta curiosità su questa nuova “fatica” editoriale della giovane Marta, vuoi per il successo dell’esordio con “Grande Era Onirica”, vuoi perché la storia raccontata stavolta ha molto di personale e di famigliare. Parla infatti della nonna Carlantonia malata di Alzheimer, della sua mamma Antea Coletta, dentista, di lei stessa che torna al paese per aiutare proprio sua madre a gestire la situazione. Sullo sfondo questa malattia del nostro secolo “che non brucia veloce in un’esplosione di sofferenza per poi placarsi nella guarigione o nella morta, ma che giorno dopo giorno, per ore che sembrano infinite, lavora a togliere umanità, a farti dimenticare chi era prima, nella sua interessa e nelle sue contraddizioni, quella persona che ora dimentica tutto. E allora Marta ritorna per cercare dignità nelle creature che vivono, amano e soffrono. Ritorna per ricordare, ricordare con sua madre le storie della famiglia, riappropriarsi del passato che la madre di sua madre non ha più e della speranza di un futuro”.

“Avevo pensato di scrivere una storia sulla famiglia degli Zura – ci racconta Marta – perché poteva essere interessante dal momento che annovera molti personaggi particolari, ma poi ho cominciato a riflettere sulla condizione di mia nonna, sul fatto che tutti ci ritroviamo poi a scornarci con questo male e non possiamo abbandonarla. Così è nato questo lavoro… Certo, non è facile ripetersi dopo un esordio di successo. Come dice il cantautore Caparezza: ‘Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista’. E’ una cosa che senti addosso, inutile nasconderlo. Però ti butti, perché la tua passione è immutata: ami scrivere, e allora vai”. Chiediamo, infine, se i tempi del Covid le hanno già messo la pulce nell’orecchio per un altro racconto. Marta, però, ci risponde così: “Ho dedicato due anni a questo romanzo, adesso ho bisogno di prendermi una pausa, davvero! Hemingway diceva che bisogna sempre lasciarsi qualcosa da scrivere per la mattina dopo: ‘Avevo già imparato a non svuotare mai il pozzo della mia scrittura, e a fermarmi sempre quando c’era qualcosa nella parte profonda del pozzo e lasciarla ricaricare di notte dalle sorgenti che l’alimentavano’”.

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