Home | Cultura | I film italiani che hanno trionfato al Festival di Cannes
Euro Net San Severino Marche
Alcuni dei film italiani premiati a Cannes
Alcuni dei film italiani premiati a Cannes

I film italiani che hanno trionfato al Festival di Cannes

A causa del Covid-19, quest’anno il Festival del cinema di Cannes non ha avuto luogo: è uno dei tanti cambiamenti causati dalla pandemia in corso. La prima edizione del Festival risale al 1946 e nel corso degli anni dodici film italiani hanno vinto la gara: pellicole di vario genere, realizzate da registi che hanno segnato la storia del cinema. Il primo film italiano a vincere fu Roma città aperta, di Roberto Rossellini, nel 1946. Opera del 1945, punto di riferimento del cinema neorealista, è incentrata sull’occupazione nazista a Roma: ha segnato l’apice del cinema della realtà senza censure. Era da poco finita la guerra, l’Europa era distrutta, la ferita provocata da Hitler e dai suoi vassalli era profonda: questo film captò la sensibilità del tempo, la morte (fisica, spirituale e psicologica) provocata dal conflitto mondiale era onnipresente. L’eredità neorealista ha pesato a lungo sulla cinematografia italiana, ed è riscontrabile nei due successivi vincitori italiani: Miracolo a Milano (Vittorio De Sica, 1951) e Due soldi di speranza (Renato Castellani, 1952). Lavori capaci di narrare le vicissitudini dei protagonisti con una chiave più dolce e meno drammatica: la povertà è sempre al centro, come nel classico neorealismo, ma c’è qualche spiraglio in più di speranza. Ma nel 1960 vinse il Festival La dolce vita, di Federico Fellini, un lavoro completamente differente dai precedenti citati. Opera spartiacque del cinema italiano e mondiale: ogni aggancio con il puro neorealismo venne superato. La vicenda del protagonista, il giornalista Marcello Rubini (Marcello Mastroianni), segna l’arrivo nel cinema della labilità del tempo e della vita. Senza inizio e senza fine: la costante di Marcello è la solitudine nella moltitudine, tra feste, orge e le tante donne che ama. Il successivo film italiano premiato fu Il gattopardo, di Luchino Visconti, nel 1963. Visconti, prendendo come soggetto il romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, racconta la Sicilia tra 1860 e 1910, il passaggio dal regno borbonico al regno d’Italia. Il trasformismo della vecchia classe dirigente, capace di adattarsi alla casa di Savoia: cambiò la corona, ma i potenti rimasero gli stessi. Il manierismo di Visconti, la ricchezza dei dettagli e dei personaggi, rendono l’opera una delle più note del regista. Nel 1966 vinse Pietro Germi, con Signore & signori. Commedia amara con protagonista un gruppo di uomini della borghesia medio-alta di provincia: sotto la facciata perbenista si cela un comportamento per nulla concorde con le apparenze. Il seguente vincitore di Cannes fu Blow-up, di Michelangelo Antonioni, premiato nel 1967. Film dalla trama essenziale: un fotografo menefreghista di tutto e di tutti, dedito alla carriera ed al piacere, scopre di aver fotografato per caso una strana figura nel parco, sembra un cadavere. Va alla ricerca di prove, ma non trova nulla: ha visto bene o è stato ingannato? Cosa è vero e cosa è apparente? La vita è reale o immaginaria? La realtà è molto meno concreta di quello che sembra. Arrivarono gli anni Settanta e nel 1972 vinsero Il caso Mattei, di Francesco Rosi, e La classe operaia va in Paradiso, di Elio Petri. Il primo, narra la storia del padre dell’Eni, Enrico Mattei: la sua ascesa, la sua lungimiranza industriale (rara nella storia dell’imprenditoria pubblica italiana), fino alla sua misteriosa morte. Il secondo, è un film schietto sulla classe operaia, così vero da infastidire tanto la destra quanto la sinistra. Petri realizzò un film dall’impronta antropologica, crudo, vivo e autentico della vita in fabbrica: ci è riuscito pienamente (in entrambi i film appena citati, l’attore protagonista è Gian Maria Volonté). La colonna sonora de La classe operaia va in Paradiso è stata composta da Ennio Morricone, maestro da poco scomparso (inoltre, compare in un breve cameo della pellicola). I film italiani continuarono a vincere lungo il decennio: nel 1977 vinse Padre padrone, di Paolo e Vittorio Taviani. Tratto dall’omonimo romanzo di Gavino Ledda, narra la difficile vita di Gavino, figlio di pastori sardi, in conflitto con il padre autoritario. Anno 1978, vittoria per L’albero degli zoccoli, di Ermanno Olmi. Cineasta della mitezza dalla forte vena cristiano-cattolica: Olmi rappresenta la povertà dei contadini bergamaschi con uno sguardo nostalgico, ma senza nasconderne la miseria e le ingiustizie subite. Passarono gli anni Ottanta ed i Novanta: nessun film italiano vinse più la competizione. Bisogna attendere il 2001, quando La stanza del figlio, di Nanni Moretti, si aggiudicò la Palma d’Oro. Una famiglia viene sconvolta dalla morte del giovane figlio. I rapporti interpersonali tra i parenti si sgretolano: chiusi in loro stessi, i componenti vivono un assordante dolore, ed ogni giorno che passa è uno strazio. Questi sono i dodici film italiani premiati a Cannes. Ormai sono quasi vent’anni che nessun nostro regista riesce a vincere la competizione: è palese il calo delle vittorie italiane dal 1978 in poi. Addirittura, in questa ultima edizione rimandata per il Covid-19, nessun film italiano è riuscito a passare le selezioni ufficiali per rientrare nella lista dei cinquantasei film scelti. Quando tornerà l’alto livello del nostro cinema?

Silvio Gobbi

Centro Medico Blu Gallery