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Lo Sferisterio, opera di Ireneo Aleandri
Lo Sferisterio, opera di Ireneo Aleandri

Lo Sferisterio di Ireneo Aleandri visto da Lucia Tancredi

di Alberto Pellegrino

Lucia Trancredi ha scritto un libro in “punta di penna” intitolato Sferisterio, che si caratterizza per la consueta eleganza e leggerezza equamente divise tra ironia e sentimento. La storia si srotola come un romanzo d’appendice ed ha come singolare protagonista non un essere umano ma un monumento che si staglia sullo sfondo di Macerata, la quale nel 1816 aveva solo 15 mila abitanti ed era una città “frigida e assonnata”. All’improvviso la comunità sembra ridestarsi per inseguire un sogno: dare alla città uno stadio neoclassico capace di ospitare il gioco del pallone al bracciale che ha tanti tifosi e molti praticanti (tra cui il celebre Carlo Didimi).
A Macerata c’era molta miseria e tirava una brutta aria di restaurazione dopo un andirivieni di francesi, austriaci, murattiani e papalini, tanto che il giovane Leopardi si lamentava per le sorti della Patria nella sua Ode all’Italia. Esisteva già un Teatro dei Condomini progettato dal grande architetto Antonio Galli Bibbiena, ma cento cittadini, auto-denominatisi “Consorti”, vorrebbero costruire uno Sferisterio che ricordi un antico anfiteatro: venivano raccolti dei fondi, si procedeva all’acquisto di un terreno addossato alle mura cittadine, si dava il via a demolizioni e allo sterro. Mancava però un progetto, allora si fece ricorso all’ingegnere comunale Salvatore Innocenti, ma il suo progetto non convince e l’architetto maceratese Nicola Nicolaj, diplomato all’Accademia di Bologna, propose altri illustri architetti come Ercole Gasparini o Pietro Ghinelli che rifiutarono l’incarico. Si arrivava così a rivolgersi al giovane architetto settempedano Ireneo Aleandri da poco diplomato presso l’Accademia romana di San Luce sotto la guida di Raffaele Stern e Giuseppe Camporese. L’architetto s’ispira al Palladio, al Vignola, al Valadier e nella sua mente prende corpo “la selva del peristilio, i palchetti cavi, il podio delle pedane, il muro forte, la pelouse d’erba verde”. Finalmente i lavori terminavano nel 1828 e lo Sferisterio nasceva secondo il progetto aleandrino: alla forma semiellettica o retta si era preferita una forma mista curva al centro, un imponente muraglione di novanta metri di lunghezza. L’Aleandri vuole mettere “in fila nell’ordine gigante dorico con base attica, in un giro che l’occhio deve seguire tondo tondo, come una danza di cinquantadue campate. Celle perfette senza i muri nascosti dalle colonne formano i palchi dei generosi Consorti. Sotto alle colonne possenti un esedra a gradoni sollevati e comodi è per il pubblico pagante”.
Per l’inaugurazione si prevedevano 44 giorni di festeggiamenti con partite di pallone, fuochi d‘artificio, tauromachie. Arrivava il bolognese Orlandi con la sua mongolfiera, ma il volo per colpa del vento s’infrangerà contro la parte alta dello Sferisterio e il suo pallone sarà ripescato in mare vicino a Pedaso. Poi seguiva un trionfo di attività: arrivava il grande Carlo Didimi, giungevano le grandi compagnie circensi e nel frattempo passava anche la grande storia con il pontificato di Pio IX che all’inizio aveva illuso le speranze liberali, con Garibaldi che partirà da Macerata con i suoi volontari per difendere la Repubblica Romana. Arrivavano i Piemontesi e s’inneggiava a Vittorio Emanuele II, mentre i papalini masticavano amaro. Lo Sferisterio accoglieva con grandi onori il Principe ereditario Umberto di Savoia e agli inizi del Novecento si dava spazio al cinema con la trionfale proiezione nel 1913 del Quo Vadis? di Enrico Guarzoni; nello stesso anno si allestiva la Grande Mostra di Fiori, Ortaggi e Piante. Durante la Grande Guerra lo Sferisterio diventava silente, ma si risveglierà nel 1921 per merito del conte Pier Alberto Conti che farà allestire l’Aida di Giuseppe Verdi: si chiamarono grandi cantanti (fra cui quella Francesca Solari che diventerà con grande scandalo la compagna di Conti), 120 orchestrali e la prima ballerina della Scala; si scritturarono 50 danzatrici dagli abiti succinti, arrivarono cammelli ed elefanti, 1500 maestranze ricostruiranno sul palco dello Sferisterio una citta da Mille e una Notte. Accorreva il pubblico da tutta l’Italia anche con l’allestimento di treni speciali, ma alla fine il bilancio chiudeva in rosso. Nel 1922 si riprovò con la Gioconda di Ponchielli, ma questa volta sarà un mezzo fiasco e lo Sferisterio chiuderà le porte alla lirica (fanno eccezione due concerti di Beniamino Gigli nel 1927/29). Fiorivano invece gli sport di ogni genere: lotta greco romana, pugilato, ginnastica maschile, ma soprattutto ginnastica artistica femminile con le giovani maceratesi che conquistarono decine di medaglie d’oro. Per diversi anni l’arena divenne il contenitore di parate militari e manifestazioni fasciste, ma nel dopoguerra si ospitò il cinema d’essai e il grande jazz con Don Cherry, Miles Davis, Chet Baker, Mike Melillo, ma questa stagione ebbe una breve durata, lasciando il posto a Umbria Jazz.
Nel 1967 allo Sferisterio per merito di Carlo Perucci ritornava la grande lirica con l’ammodernamento dell’edificio. Venne costruito un grande palcoscenico, nel muro si riaprirono i tre grandi archi aperti nel 1921, si creò il golfo mistico per l’orchestra, si apprestò sul prato una platea con 1800 posti. Fu subito una parata di stelle di prima grandezza: Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano, Franco Corelli, Renata Scotto, Magda Olivero, Cesare Siepi, Luciano Pavarotti, Rajna Kabaivanska, Alfredo Kraus, Placido Domingo, José Carreras che interpretarono opere del grande repertorio, anche se nel 1984 il regista Ken Russel ebbe modo di allestire una splendida Bhoème che divenne un successo internazionale e che suscitò scandalo tra i melomani tradizionalisti. Nel 1992 ebbe inizio l’era di Claudio Orazi, giovane uomo di teatro che chiamò il grande scenografo Svoboda e il regista Brockaus che portarono sul palcoscenico maceratese opere di grande rilevanza internazionale come la Traviata “dello specchio”, il Rigoletto e la Lucia di Lammermoore. Poi sarà la volta dell’argentino Hugo De Ana con Sansone e Dalida, una memorabile Turandot e un’eccezionale Aida.
Dal 2005 lo Sferisterio iniziava ad ospitare Musicultura, la maggiore rassegna italiana dedicata alla canzone d’autore. Si avvicendavano alla direzione artistica Katia Ricciarelli e il maestro Luigi Pizzi che lasciava il segno come regista, scenografo e costumista, trasformando la stagione lirica in “Macerata Opera Festival” con una serie di manifestazioni culturali e opere liriche “di nicchia” nel teatro Lauro Rossi. Con il giovane Francesco Micheli si arriva ai nostri giorni e si ritorna a un cartellone ultrapopolare, ma si ha un coinvolgimento della città con iniziative nazionalpopolari divise tra lirica e folclore. Attualmente, tra successi e qualche insuccesso, lo Sferisterio è ormai considerato una istituzione musicale di levatura internazionale e vanta un pubblico proveniente da varie nazioni, composto da maturi appassionati ma anche da giovani che si affacciano all’affascinante mondo dell’opera lirica.

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