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A mano disarmata
A mano disarmata

La recensione: “A mano disarmata”, di Claudio Bonivento

Come sappiamo dalle cronache, Ostia è governata da clan di stampo mafioso: fanno il bello ed il brutto tempo, a seconda di come si svegliano. Hanno in mano una grossa fetta delle attività commerciali: bar, ristoranti, stabilimenti balneari e molto altro. Esigono il pizzo e cercano di corrompere le figure pubbliche per poter accrescere il proprio impero. Sono spietati: minacciano chi non ubbidisce e uccidono chi, per troppe volte, non ha ascoltato le minacce. Addirittura, Il Municipio Roma X (del quale fa parte Ostia) è stato sciolto il 27 agosto 2015 per mafia. Il clan più noto della zona è quello degli Spada (del quale tutti ricordano Roberto Spada, famoso per aver dato, nel 2017, una testata al giornalista Daniele Piervincenzi della trasmissione Nemo). Nel corso degli anni, ci sono stati vari arresti, ed al momento le indagini ed il processo sono ancora in corso: il loro male è radicato e la strada sarà ancora lunga. L’inizio di queste inchieste risale precisamente al 2013, grazie all’azione di una giornalista di «la Repubblica», Federica Angeli. Nata e cresciuta ad Ostia, ha visto il volto della sua città mutare: ha cominciato così ad indagare su queste infiltrazioni criminali. I delinquenti hanno minacciato lei e la sua famiglia, ed è tuttora sotto scorta: ha sacrificato la propria tranquillità, decidendo di non girarsi dall’altra parte. Poteva, ma non ha voluto essere indifferente, scegliendo così di fare fino alla fine il proprio mestiere. A mano disarmata, di Claudio Bonivento, narra la storia della Angeli dal 2013 ad oggi, da quell’anno fondamentale per lei e per noi. Claudio Bonivento ha prodotto varie pellicole (sia commedie che film più importanti come Mery per sempre), diretto qualche lavoro per la televisione e girato tre film per il cinema. In questa sua ultima opera, la regia è didascalica e viene completamente assorbita dalla vicenda della giornalista di Repubblica: non c’è piglio artistico, né alcun ardimento autoriale degno di nota (un lavoro ben eseguito, corretto, ma visivamente non memorabile). Sembra che la cappa dei prodotti targati Rai Cinema pesi sempre di più sulle pellicole che si fregiano del marchio, condannando i registi e le loro opere ad un’unica ed omogenea forma: sempre le stesse costruzioni, gli stessi tempi e le canoniche inquadrature. Ma fortunatamente le vicende della Angeli (vere e con qualche sfumatura romanzata) rendono il prodotto interessante e da vedere. L’interpretazione di Claudia Gerini, nel ruolo della protagonista, è meritevole: si cala perfettamente nella parte. Anche gli altri attori sono degni di nota: dal marito (interpretato da Francesco Venditti) al delinquente Calogero Costa (uno spietato ed efficace Mirko Frezza). Una storia necessaria, dove il potenziale del contenuto viene frenato dalla sua forma: raccontare linearmente la straziante storia della Angeli, la quale ancora vive senza libertà, rende il film buono, ma non pienamente riuscito. Il contenuto c’è, lo stile manca, ma almeno rimane il merito al regista di aver rappresentato (con la sceneggiatura di Domitilla Shaula Di Pietro in collaborazione con Federica Angeli stessa) una vicenda utile a ricordarci la vita di chi, tutti i giorni, rischia la pelle per portare avanti certe intricate e fondamentali inchieste sui nostri profondi mali.

Silvio Gobbi

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