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Pagine di sangue di Cesare Giri
Pagine di sangue di Cesare Giri

A cento anni dalla Grande Guerra il ricordo di Cesare Giri

Personaggi della nostra storia
Ricordo delle Pagine di sangue di Cesare Giri a chiusura del centenario della Grande Guerra

di Alberto Pellegrino

Siamo nel 1916, nel pieno della prima guerra mondiale, quando Cesare Giri (San Severino 1877- San Marino 1941) disegna e pubblica le sue Pagine di sangue che documentano l’immane e sanguinosa tragedia sarà la Grande Guerra, un conflitto destinato a provocare in poco tempo un numero enorme di caduti, mutilati e feriti che sono per la maggior parte giovani soldati, ai quali si aggiungono numerosi morti civili.
Cesare Giri (in arte César Giris), che è stato uno dei più importanti disegnatori e scultori umoristici del primo Novecento europeo, mette da parte le sue doti di raffinato umorista e affronta il tema della guerra secondo una chiave decisamente drammatica che lascia poco spazio alla satira, perché i suoi disegni hanno un’enorme forza espressiva, un segno grafico di sicura e dolente efficacia, tanto da conquistare in breve tempo una grande popolarità in Italia e in molti Paesi europei.
Le immagini, a causa del loro violento impatto sull’immaginario collettivo, diventano un avvenimento artistico e politico puntualmente registrato dalla stampa nazionale: “Questi quadri, che fanno un’impressione indimenticabile, costituiscono la documentazione più efficace e la satira più atroce del tragico turbine che la Germania ha scatenato sul mondo…E’ l’album più espressivo e più potente della sanguinosa guerra europea. Giri ha disegnato scene e quadri vivi, palpitanti, impressionanti, con un’arte robusta quasi violenta: sono pagine che non si dimenticano e che hanno avuto un grande successo di ammirazione” (Il Giornale d’Italia, 13 e 25 dicembre 1915). “Si tratta di un’opera d’arte la cui seria e profonda concezione costituirà la documentazione più efficace e più atroce dei terribili avvenimenti guerreschi che sconvolgono il mondo…L’Album di Giris fa meditare, fa fremere; sferza a sangue i responsabili di questa guerra immane…esso resterà presso tutti i popoli civili, monito per l’avvenire, ricordo e documento indimenticabili della grande tragedia che sta sconvolgendo il mondo” (La Tribuna di Roma, 12 dicembre 1915). “La gloria marchigiana – Cesare Giri – il geniale e notissimo umorista a Parigi è diventato il caricaturista per eccellenza. Ma egli desiderava di farsi conoscere come artista vero anche con argomenti seri, ora, creando le “pagine di sangue”, presenta la morte della grande barbarie teutonica, il suo completo e assoluto disfacimento morale” (Il Corriere delle Marche, 3-4 dicembre 1915).
Pagine di Sangue si possono definire un’opera d’arte applicata alla propaganda di guerra, tanto da rappresentare una delle più significative testimonianze del forte impatto che hanno avuto il disegno a stampa, il cinema, la fotografia, la cartellonistica pubblicitaria, la canzone sulla prima guerra contemporanea, combattuta con mezzi tecnologici di distruzione di massa e non a caso definita la “prima guerra mediatica”. Giri realizza un’opera che si distacca da tutta la sua produzione satirica e umoristica, perché in queste tavole sono molto poche le deformazioni di tipo caricaturale, perché questo lavoro non vuole suscitare il sorriso, ma vuole essere la dimostrazione di un forte impegno civile, un atto di accusa morale rivolto in particolare contro la “barbarie teutonica”, ma anche contro la crudeltà della guerra, l’oppressione dei popoli da parte del militarismo, la violenza che provoca vittime innocenti tra i vecchi, le donne e i bambini.
Giri non assume una precisa posizione ideologica nei confronti della guerra: non ha l’entusiasmo dei nazionalisti che parlano di “quarta guerra d’indipendenza”, non condivide le idee pacifiste di socialisti e cattolici, non manifesta l’euforia di futuristi e interventisti. Egli ha una visione manichea
del conflitto, in quanto identifica nella Germania e nell’Austria l’impero del Male e non a caso pone come prefazione a questa opera le parole pronunciate da Rudyard Kipling in un discorso tenuto a Londra il 22 giugno 1915: “Il mondo si suddivide oggi in due categorie di esseri: gli umani e i Tedeschi…Il tedesco ha ridotto la civiltà, a questa semplice alternativa: uccidere o essere ucciso…Per noi, questa guerra è una guerra a morte contro la potenza delle tenebre con la quale una pace, salvo quella che noi detteremo, sarebbe più terribile di qualsiasi altra guerra”.
Fedele a questa concezione, che vede nella Germania un mostro orgoglioso della sua forza superiore, animato unicamente dalla crudeltà e dal desiderio d’imporre la sua volontà su tutti gli esseri umani, Giri pone in apertura del volume le “note antropometriche” del “capo banda” (l’imperatore Guglielmo) rappresentato con la bocca grondante di sangue e definito “Caso di pazzia furiosa e sanguinaria – Megalomania. – Si può giudicare del suo stato mentale dal suo Proclama imperiale all’armata dell’Est: Rammentate che voi siete il popolo privilegiato! Lo Spirito del Signore è disceso sul mio capo! Io sono l’istrumento dell’Altissimo, io sono la sua spada, il suo rappresentante. Maledizione e morte a chi resisterà alla mia volontà! Maledizione e morte a coloro che non credono alla mia missione! Che tutti periscano i nemici del popolo tedesco! Iddio esige la loro distruzione”. Segue il “sotto capo” Francesco Giuseppe Asburgo che stringe il Crocifisso tra le mani insanguinate e costituisce un “Caso tipico di mania religiosa. Ubbidisce incoscientemente a tutto ciò che gli ordina il suo complice”.
Giri, in una tavola irta di baionette di cannoni e con il cielo invaso da elmi chiodati, accusa “una nazione di pirati, governata dal più perfetto dei banditi” di voler fare una guerra definitiva, “dopo la quale il mondo intero non avrebbe più avuto che a schierarsi docilmente sotto i suoi piedi”. Sopra un terreno cosparso di cadaveri e sorvolato da una nera nuvola di corvi, incombe il capolavoro della “kultur” germanica, l’obice 420, uno strumento concepito dalla moderna tecnologia per attuare una distruzione in massa. Un altro esempio della “crudeltà germanica” sono i cinque apostoli, gli eroi decorati con la “Croce di ferro” dall’imperatore Guglielmo: Bissing per assassinio, Schucht per furto, Scholz per stupro, Ostwald per incendio e Strautz per infanticidio.
Quello che colpisce ancora oggi, osservando Pagine di Sangue, è il grido di dolore che si alza dalle città in fiamme dopo i bombardamenti che hanno provocato soprattutto vittime civili; l’uccisione di esseri inermi tra le macerie di paesi in fiamme; il dramma delle popolazioni in fuga. Il nemico è simbolicamente rappresentato da un eroico ufficiale che ha il volto di un maiale colto mentre uccide una donna con un colpo di revolver. Un altro avvenimento drammatico è l’affondamento del transatlantico inglese Lusitania, colpito da un sottomarino tedesco, mentre sul mare gli scheletri delle 1200 vittime civili afferrano il sanguinario imperatore Guglielmo. Vi sono poi due tavole particolarmente violente: la prima rappresenta gli scheletri degli alberi nella foresta delle Ardenne, dove sono appesi i brandelli dei soldati francesi; la seconda presenta una selva di baionette insanguinate e su una è infilzato il cadavere di un bambino. Giri documenta il fatto, riportando la lettera di un soldato tedesco scritta alla fidanzata il 16 marzo 1915, nella quale si vanta di aver ucciso con la baionetta in un villaggio francese sette donne e quattro bambine. Vi sono infine due tavole profetiche: nella prima l’imperatore Guglielmo, inseguito dalle fiamme, fugge dalla cattedrale di Reims, dove avrebbe voluto farsi incoronare “Imperatore del Mondo”; nella seconda l’imperatore Guglielmo rimane schiacciato sotto una montagna di cadaveri e Giri si chiede: “Chi dunque ha voluto questo massacro senza nome? Chi ha meditato questo carnaio senza precedenti nella Storia?…Non basta dire Io non l’ho voluto! È proprio il Kaiser che l’ha voluto; è lui il Kronprinz che, nella sua frenesia di sterminio, ha incitato a colpire forte; sono tutti gli invasati del militarismo prussiano, che hanno voluto fare dell’Europa un immenso campo di dolore e di morte”.

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