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L'ispettore Daniele a San Severino con il collega Mario Perozzi
L'ispettore Daniele a San Severino con il collega Mario Perozzi

Pericoli di Internet: “Attenzione, è facile cadere nella… Rete”

“Di solito a cadere nella rete sono gli uomini, anche in un breve lasso di tempo, mentre le donne agiscono in maniera più cauta. Però mi è capitato anche di ricevere la denuncia di una donna per essersi fatta abbindolare da un finto imprenditore”. L’ispettore capo Raffaele Daniele, responsabile della sezione di Polizia postale di Macerata, nel corso di una serata all’ex Cinema Italia di San Severino decisamente interessante, organizzata dall’Associazione di volontariato Help S.O.S. Salute e famiglia, coordinata da Cristina Marcucci, sull’”Uso consapevole di Internet, rischi e pericoli della Rete”, ha svelato i retroscena di alcuni casi che hanno visto vittime di ricatti sul web i cittadini della provincia. “Alcuni anni fa capitavano spesso le denunce per diffamazione a mezzo stampa sui giornali on line. Erano le prime pubblicazioni ed alcuni incauti – spiega Daniele -, credendo di passarla liscia celandosi dietro falsi nomi, fornivano pareri non proprio edificanti. A distanza di pochi giorni, però, scoprivamo il vero account e chi aveva azzardato tale azione credendo di rimanere anonimo era stato costretto a pagare l’offeso (anche diverse migliaia di euro, ndr) pur di evitare conseguenze più serie”. Negli ultimi tempi, invece, si è passati sul versante… pruriginoso. “È incredibile il numero di denunce che riceviamo da parte soprattutto di uomini che si fanno accalappiare da sedicenti innamorate a prima vista, per poi subire il ricatto: “O paghi o diffondo il filmato in rete”. Ci cascano proprio tutti. Dall’avvocato al dottore, dall’impiegato all’operaio. L’uomo dimostra di essere più ingenuo. Gli step si ripetono secondo una scaletta rituale. L’uomo accetta su Facebook una richiesta di amicizia perché ambisce ad averne un gran numero, poi la ragazza, seducente, si fa vedere per così dire in abiti succinti, chiedendo all’ingenuo interlocutore di fare lo stesso. Non appena dall’altro lato della connessione si catturano immagini dell’uomo poco presentabili, arriva il ricatto. A quel punto l’uomo capisce di essere stato gabbato e paga, oppure si rivolge a noi. Dobbiamo riuscire a capire – suggerisce l’ispettore capo – che non è Internet ad essere ingannevole, ma come lo usiamo. Il poter essere connessi con il mondo è una grossa opportunità per tutti, ma bisogna saperla gestire”. Nel caso delle donne, invece, il lavoro degli estorsori diventa più complicato. “In effetti il gentil sesso si dimostra più sospettoso. È difficile poter indurre una donna a svestirsi per poi ricattarla al primo contatto. A volte ci vogliono settimane. Ma quando il malvivente riesce ad ottenere la sua fiducia, perché una ragazza potrebbe magari attraversare un periodo difficile della sua vita, allora fa centro. Un finto imprenditore è riuscito a farsi accreditare ben 15 mila euro con la scusa di voler venire in Italia ad imparare la nostra lingua ed inventando una serie di storie false, fra cui la morte di sua figlia con la necessità di denaro per pagare le esequie…”.

Dall’estorsione erotica al Cyberbullismo il passo è breve. Il fenomeno, che di recente è stato oggetto di una legge ad hoc, indica un tipo di attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico, attuato mediante gli strumenti della rete. È caratterizzato dall’anonimato del bullo, dall’alterazione della percezione della gravità delle azioni e dalla pubblicazione in rete di filmati che ritraggono un ragazzo o una ragazza messi alla berlina dai persecutori che si vantano del loro operato e si reputano soddisfatti per i “like” ricevuti”. L’ispettore ha fatto mostrare al pubblico dell’Italia, dal collega Mario Perozzi, il video della richiesta di aiuto on line di Amanda Todd, un’adolescente canadese di 15 anni vittima nel 2012 del cyberbullismo che, sentendosi indifesa, si è suicidata un paio di giorni dopo aver diffuso in rete il video, ricordando che “una ragazza della provincia ha subìto tramite la sua foto di WhatsApp la creazione di un falso profilo Facebook in cui è stata fatta oggetto di insulti. Dopodiché è stata messa all’indice anche con Ask, un altro social del tutto anonimo in cui si sceglie una persona (di solito si bersagliano gli insegnanti da parte degli alunni, ndr) per inondarla di insulti. La giovane è stata più fortunata di Amanda perché non è stata lasciata sola dai genitori che, dopo un anno di terapia psicologica, unita al cambio della scuola che frequentava, l’hanno recuperata”.

Foto incaute e casi di Blue Whale

“Nella mia ormai ventennale esperienza ne ho viste talmente tante che, anche se è triste dirlo, ci si fa l’abitudine. Eppure – prosegue il responsabile della Polizia postale di Macerata – il caso di alcune ragazzine che facevano circolare foto di loro nude on line ha turbato anche me. Alcune bambine di nove anni hanno diffuso in una chat le loro foto senza vestiti con commenti assolutamente improponibili per la loro età. Per fortuna un genitore si è accorto delle immagini controllando il telefonino della figlia, dotato di collegamento internet (il limite di età dei possessori degli smartphone si è abbassato ai nove-dieci anni, spesso i telefonini sono regalati per la prima comunione, ndr) ed ha lanciato l’allarme. In questi casi – rimarca l’ispettore Daniele – è fondamentale l’aiuto dei genitori che però, nei casi di cyberbullismo, che possono avvenire anche in famiglie tipo e non solo in quelle con disagio, a volte minimizzano. Un altro aiuto determinante deve venire dalle istituzioni scolastiche che, a mio parere, dovrebbero formare gli insegnanti specificamente sull’argomento, mentre a volte i vertici degli istituti difendono a spada tratta l’onorabilità degli stessi, derubricando episodi di cyberbullismo a semplici ragazzate. Con la sinergia tra genitori, insegnanti e polizia, comunque, certi fenomeni si stemperano”. Le truffe on line sono un’altra variabile dell’argomento web. “Ce ne sono di continuo – rileva l’ispettore di polizia -. Il cliente dovrebbe valutare perché qualcuno propone oggetti chiedendo la metà o un terzo del loro effettivo valore. Piuttosto che fiutare l’affare, bisognerebbe intuire la truffa. A volte si è tratti in inganno dal fatto che il venditore fornisce il codice Iban che però non è sempre associato a conti correnti bancari, ma anche a carte prepagate facilmente estinguibili. Ed allora diventa difficile tentare di recuperare il maltolto, anche perché spesso l’indagine, se per giunta è collegata all’estero, presenta una spesa maggiore della cifra incassata con l’inganno”. Il fenomeno “Blue Whale” ha attecchito nelle Marche? “Il temuto gioco secondo cui in Russia si sarebbero registrate diverse morti fra i giovani che, dandosi appuntamento sul web, si sarebbero sottoposti ad una sequenza di macabre prove di coraggio, ultima delle quali gettarsi dall’ultimo piano di un palazzo altissimo, ci ha fatto pervenire una lunga serie di segnalazioni ai primi di giugno, subito dopo un servizio in tv delle Iene. Debbo però ammettere che il fenomeno da noi è stato abbastanza contenuto, come ha anche ricordato il procuratore capo del tribunale dei minori, Giovanna Lebboroni. Abbiamo avuto una decina di casi riconducibili al Blue Whale. Tre in provincia di Macerata e gli altri in quella di Ancona. In alcuni casi, però, i segni dei tagli sulle braccia presentati dai ragazzi erano solo per attirare l’attenzione dei genitori. Il Blue Whale ha semmai amplificato il fenomeno. Ma ormai sembra superato”.

Lu. Mus.

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