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La stazione ferroviaria
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Il racconto: “I papaveri del sisma”, di Lucia Palmioli

Pubblichiamo un racconto breve di Lucia Palmioli, nostra concittadina con la passione per la scrittura. Il testo è stato inserito anche sulla pagina “Il centuplo”, un luogo virtuale in cui una grande famiglia di bloggers racconta fatti e persone del vivere quotidiano. 

Questa mattina in stazione ho visto dei “papaveri alti alti” sorreggere l’ingresso della mia città. Sono “un po’ neri, un po’ rossi e un po’ capovolti”. Sono cresciuti di recente e anche molto rapidamente. Non sapevo esistessero dei fiori tanto robusti. L’ultima volta che sono entrata qui era un sabato, il Natale alle porte e tanta gente al mercato. Non so dirvi se i papaveri fossero già maturi. Cercavo un libro da regalare e non dovevo partire. Ma oggi la campanella annuncia fastidiosa l’arrivo del treno sul quale devo salire. Ho raggiunto il secondo binario senza prestare troppa attenzione alla facciata. I nastri bianchi e rossi non circondano più la stazione e l’edificio è stato messo in sicurezza. Qui, “papaveri alti alti e capovolti” danno il benvenuto.

Dal treno, il paesaggio smaschera forze e debolezze. Lo sguardo a volte si cruccia incontrando i tetti e si distende riposando sui rilievi delle colline. E ci sono le case, che non sono solo tetti rossi ed abitazioni. Sono comignoli fumanti, sono lavelli dietro alle finestre che si affacciano sui balconi in fiore, sono pentole sui fornelli e tavole apparecchiate. San Severino Marche. Castelraimondo. Matelica. E nel mezzo immagino Camerino, che vorrei fosse anch’essa raggiungibile in treno. Immagino di camminare lungo i binari, come negli Aristogatti, in fila indiana, per varcare le porte d’ingresso di questi paesi e piantare dei lunghi e robusti papaveri sotto ognuna di esse, prima che vengano giù. Ma già da qualche tempo, non troppo, nei dintorni, hanno provveduto a piantare questi papaveri, per evitare ulteriori crolli. Non lo dicono esplicitamente, ma sembra si debba ripartire proprio da qui. Da questi strani papaveri, “un po’ neri, un po’ rossi e un po’ capovolti”.

Da questi fiori robusti, che non ho mai visto prima e che improvvisamente sono diventati indispensabili, che devono sorreggere i tetti, i comignoli fumanti, i balconi in fiore, le pentole sui fornelli e le tavole apparecchiate. Dicono che servano a sorreggere anche i cuori. Ma un giorno tutto ciò dovrà (“imparare a”) reggersi da sé. Senza l’aiuto di questi “papaveri alti alti, un po’ rossi, un po’ neri e un po’ capovolti”.

Lucia Palmioli

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