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Il teatro Feronia
Il teatro Feronia

Per essere felici occorre riscoprire la… lentezza

“Sorridere non è una cosa per gente ricca e felice. È sorridere che rende felici” . Questo è uno dei tanti segreti che Monsieur Ibrahim, vecchio negoziante arabo in una strada ebrea di Parigi, regala a Momo, o meglio a Mosè, bambino ebreo, ribattezzato da Ibrahim, appunto, Momo perché “meno impegnativo”. I due sono i protagonisti del romanzo di Éric-Emmanuel Schmitt, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, portato in scena al Feronia, domenica 29 novembre, da Giordano di Palma e l’orchestra I SuonAttori: Alberto Maria Del Re, compositore e tastierista, Francesco Marino alla batteria, Stefano Belardinucci al contrabbasso e Edoardo Petretti alla fisarmonica. Sul palco, Giordano di Palma dà voce ai personaggi, mentre la musica fa il resto: dipinge paesi e paesaggi, riproduce odori e suoni, crea emozioni e stati d’animo.
“Abbiamo pensato ad un adattamento in cui la musica non fosse un semplice innesto o un accompagnamento, né una colonna sonora, ma un altro personaggio della storia. Volevamo che viaggiasse di pari passo con il testo”, ci dicono i musicisti: “Non è stato facile, perché dovevamo realizzare melodie semplici che si sposassero con la voce dell’attore”.
Confermiamo che l’esperimento è perfettamente riuscito. Il pubblico è attento, segue, ride anche; perché Monsieur Ibrahim è vecchio sì, per lo meno agli occhi di Momo, ma è intelligente, saggio e ironico. Diventa subito un punto di riferimento per questo ragazzino che, abbandonato dalla madre, vive con un padre mai affettuoso, distaccato, vicino al quale sente solo “una sensazione di freddo”.
Monsieur Ibrahim è proprio il contrario e, dopo il suicidio del vero padre, adotta Momo e lo porta con sé in un viaggio alla scoperta della Mezzaluna d’Oro, terra dove il negoziante è nato e cresciuto, a bordo di un’auto che nessuno dei due sa guidare. È una storia ricca, fatta di incontro e confronto: tra culture, religioni e generazioni. Sembra scritta ieri, anzi oggi. È un testo profondamente, e forse tristemente, attuale.

Quanto la cultura può contribuire alla diffusione di un messaggio autentico di fratellanza e convivenza? Chiediamo. “Tanto”, risponde Giordano Di Palma, “la cultura, in tutte le sue forme, è il mezzo per eccellenza. Solo conoscendo possiamo cancellare i pregiudizi verso l’altro, il diverso che ci spaventa tanto. Il testo ci insegna proprio questo; oggi anche solo la parola Corano ci fa paura e invece per Ibrahim era semplicemente una fonte di ispirazione per vivere una vita serena”.
Monsieur Ibrahim muore. Ma dice a Momo che non ha paura né rimpianti, perché ha assaporato la vita, con calma e lentezza.

“Il segreto della felicità è la lentezza” rivela ad un certo punto al suo piccolo amico. Se è vero, allora, noi quanto siamo infelici? “Tanto”, rispondono attore e musicisti. “Non ci gustiamo più niente. Viviamo le situazioni della vita con superficialità, senza spendere del tempo per capirle, per andare a fondo. Abbiamo fatto della rapidità un idolo. Purtroppo”.
Alla fine, le cose sembrano riacquistare un loro equilibrio. La mamma di Mosè torna, ma i due fingono di non riconoscersi. Si frequentano, Mosè si sposa e i suoi figli chiamano nonna questa signora, che fa la professoressa di spagnolo. È un gioco delle parti che in un certo senso dà sicurezza ai due e commuove il pubblico. “Insieme a quella della morte del padre, questa è una delle scene che più ci ha emozionato”, ci confidano gli artisti. “Sono due momenti della storia in cui le vibrazioni della voce e delle note si fanno sentire con forza ed entrano dentro”.

Michela Ciciliani

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