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Abbamagal in una storica foto di gruppo
Abbamagal in una storica foto di gruppo

Resistenza: la storia di Abbamagal appassiona il web

La storia di Carlo Abbamagal, partigiano etiope che si unì al Battaglione Mario e che trovò la morte ai piedi del monte San Vicino in uno scontro con i nazifascisti, è ora raccontata in un video. Il giornale online “Fanpage” l’ha voluta ricostruire ripercorrendo il viaggio di questo giovane africano fatto venire nel nostro Paese – insieme ad altri 50 tra donne uomini e bambini provenienti dall’Etiopia, dall’Eritrea e dall’allora Somalia italiana – per celebrare l’imperialismo fascista durante la Mostra Triennale delle Terre d’Oltremare, e poi, nella primavera del ’43, finito a Villa Spada di Treia in quello che fu un ex campo d’internamento trasformato in una sorta di centro d’accoglienza. Da qui Abbamagal un giorno fuggì per unirsi alla Resistenza settempedana. Oggi le sue spoglie mortali si trovano nel cimitero monumentale di San Severino dove una lapide, apposta nel luglio dello scorso anno vicino al cancello d’ingresso, ne ricorda coraggio e memoria unitamente a quanti, arrivati da mezzo mondo, si opposero al giogo nazifascista per liberare l’Italia.
Il giornalista Davide Falcioni ha realizzato un video di sette minuti (disponibile all’indirizzo http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VTi7u-Sw0vmSdIa8) che in pochi giorni ha raccolto oltre 91 mila visite, intervistando Matteo Petracci, dell’Istituto Storico della Resistenza di Macerata, che si è occupato per primo della vicenda di Abbamagal.
“Sono stati i partigiani Bruno Taborro e Primo Boarelli a raccontare, a quanti frequentavano l’Anpi, la storia di Carlo Abbamagal” – spiega Petracci accompagnando le telecamere nei luoghi che fecero da sfondo alla vicenda. Abbamagal morì il 24 novembre 1943, sulla strada che porta da San Severino a Frontale d’Apiro. Insieme ad altri partigiani si scontrò con una pattuglia di altoatesini della Wermacht. Fattosi avanti per proteggere i compagni, venne ucciso. I partigiani però ebbero la meglio: catturarono due nemici e seppellirono il corpo del caduto sulle montagne. Dopo la Liberazione, la salma venne trasportata a San Severino e tumulata, insieme ad altri stranieri, nella cripta di una confraternita religiosa, senza lasciare tracce nei registri del cimitero. Settant’anni dopo, grazie proprio alle ricerche di Matteo Petracci, la bara con il nome di Carlo Abbamagal inchiodato sul coperchio è stata ritrovata. La Città di San Severino ha provveduto a dare degna sepoltura a questo giovane africano caduto per la Liberazione d’Italia e d’Europa, ricordando il suo sacrificio e quello di tanti altri. La sua storia viene oggi ricordata nel video di “Fanpage”.

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