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Il "terzo tempo" tra panini, pizza, sorrisi e strette di mano
Il "terzo tempo" tra panini, pizza, sorrisi e strette di mano

Quando il “terzo tempo” fa vincere i valori dello sport

Nel ventrone del vecchio Sant’Elia, fino a qualche anno fa, era una consuetudine. Il Cagliari invitava gli avversari al cosiddetto terzo tempo. Spaghetti e crostata. Cibo energetico per ritemprare gli atleti dopo la partita. Nel rugby non ci sono esitazioni, il terzo tempo è una regola sacra, soprattutto nei Paesi anglosassoni dove la cultura dello sport è sentita. Nel calcio locale, vuoi anche per le ristrettezze economiche dei vari club, resta spesso una chimera. In Settempeda-Porto D’Ascoli i biancorossi di San Severino hanno invece imitato i rivieraschi che all’andata dettero lezione in campo, dominando il confronto che finì senza reti per puro caso, per poi ripetersi dopo la doccia. Tutti uniti a mangiare un boccone e commentare, in maniera urbana, il confronto appena concluso. Sabato scorso, al Gualtiero Soverchia, dopo il secondo nulla di fatto stagionale tra la capolista di Stefano Filippini e la compagine da poco affidata a Francesco Giorgi, pizze e pane e salame per tutti: calciatori, dirigenti e terna arbitrale. Gettandosi errori e recriminazioni alle spalle. Una scena da libro Cuore che è piaciuta tanto al presidente della Settempeda Sandro Teloni al punto da fargli promettere una continuazione della simpatica tradizione con maggiore regolarità nel prossimo campionato. È stata un’autentica, comune lezione di calcio nei confronti delle tifoserie di serie A nazionale che hanno ricordato con striscioni di pessimo gusto le tragedie dell’una (Superga torinista da parte di alcuni bianconeri) o dell’altra squadra (Heysel juventino dai “tifosi” viola in maglia del Liverpool). Porto D’Ascoli e Settempeda meritano un fragoroso applauso.

Luca Muscolini

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